Parità dei diritti tra lavoratore autonomo e dipendente

Stessi identici diritti del lavoratore dipendente per un autonono professionista o titolare di P.IVA

La Costituzione Italiana

Art. 1 L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 4 La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Art. 35 La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell’interesse generale, e tutela il lavoro italiano all’estero.

Art. 36 Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Commenti e Riflessioni

Ora se le basi su cui è stata costruita la nostra Repubblica sono rappresentante dalla nostra Costituzione Italiana, vi sarebbe in tutti questi anni stato un grande ERRORE, quello di far Fallire le persone e non assicurargli il successivo diritto al LAVORO! 

Sarebbe una grave inadempienza dello Stato Italiano che dal 07 Dicembre 1947 si protrae fino ai nostri giorni.

Infatti come risulta dalla Legge Fallimentare, il soggetto fallito, potrebbe essere interdetto da cariche istituzionali, dal voto e da ogni tipo di attività fino a 5 anni dopo la chiusura del fallimento. Il soggetto fallito, a causa del suo stato, in alternativa, non ha la possibilità di assunzione da parte di aziende in quanto il suo stato soggettivo di fallito, gli impedisce ogni accesso anche alla pubblica amministrazione. E sappiamo tutti che un fallimento può durare anche 20 anni!

E nessuno si è mai posto il quesito:

1)I soggetti falliti, che cosa fanno in tutto questo tempo?

2)Ovvero, come fa un soggetto fallito a vivere dignitosamente ed assicurare a sè e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa (Art. 35)?

E sì i falliti sono anche loro dei LAVORATORI, ed è per questo, che devono essere rispettati alla stregua di un qualsiasi altro lavoratore italiano. E mi domando: Come mai, se un operaio viene licenziato ha: sgravi, disoccupazione, cassa integrazione, mobilità e gli stessi benefici non ce l’ha un soggetto fallito?

Anche lui ha perso il posto di lavoro ed è stato anche lui un lavoratore. E poi anche lui ha pagato le tasse, anche lui ha osservato quelle che sono le Leggi dello Stato Italiano!

Però viene trattato diversamente da un lavoratore e questo è il principale problema! Ricordiamo sempre che i falliti sono uomini e/o donne che per una giusta causa hanno dato vita ad un’impresa che in quel momento ha rappresentato la loro vita economica, il loro lavoro, la loro famiglia il loro status sociale.

Con l’impresa hanno cercato di vivere e donare alla loro esistenza terrena una fonte economica con tanti sacrifici e rinunce.

Ma, ricordiamoci che non tutti, possiedono capacità imprenditoriali e, non tutti, sono in grado di prevenire o prevedere la minaccia che si nasconde dietro l’angolo, quella della crisi e del successivo “fallimento”.

La crisi può essere determinata da tantissimi fattori ma, che sono riconducibili alla gestione di una azienda. Non dimentichiamo che la Legge Fallimentare risale al Regio Decreto del 16 marzo 1942 n. 267, ovvero prima della Costituzione. Sarebbe evidente e palese che lo Stato non abbia applicato quanto stabilito dalla Costituzione riconoscendo “lavoratore”, solo l’operaio e/o il dipendente, ed ignorando le arti e mestieri (commercio, artigianato, agricoltura, piccoli imprenditori) non classificandole come lavoratori.

Ma ben più grave che abbia continuato ad applicare fino alle ultime riforme (Governo Berlusconi Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 e Governo Prodi Decreto Legislativo 12 settembre 2007 n.169) una Legge Fallimentare che “punisce” gravemente e a vita il soggetto fallito. Inoltre a seguito della dichiarazione di incostituzionalità degli artt. 50 e 142 della Legge Fallimentare da parte della Corte Costituzionale con Sentenza n. 39 del Febbraio 2008, in maniera inequivocabile veniva rafforzata ancor di più la nostra ipotesi.

Questo procurando un gravissimo danno alla società, allo sviluppo, e soprattutto cagionando effetti sociali irreversibili di salute, economia, ecc. Sarebbe bene a mio avviso procedere ed avviare un contenzioso, munito di giusti numeri verso lo Stato per la richiesta di un risarcimento verso tutti i soggetti falliti e richiedere l’emanazione di una nuova Legge Riforma che abroghi totalmente quella Fallimentare ed si allinei a quelle che sono le regole Europee.

La Proposta: stesse identiche condizioni tra lavoratori autonomi e quelli dipendenti.

Il riconoscimento di tutti i diritti del lavoratore dipendente al lavoratore autonomo nel caso di chiusura della propria attività. Il fallimento dell’azienda del lavoratore autonomo viene equiparato alla perdita del posto di lavoro del lavoratore dipendente, con tutti i benefici e le agevolazioni destinate al lavoratore dipendente.